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Presentato l'atlante geologico della provincia di Venezia

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E’ nato l’atlante geologico della provincia di Venezia, distribuito nel corso di un convegno tenutosi il 15 giugno 2012 nell’auditorium dello stesso ente locale a Mestre. Il volume è frutto del lavoro iniziato dall’ex dirigente Andrea Vitturi e ha visto la collaborazione, gratuita, di cento esperti per i testi e altrettanti hanno lavorato per studi propedeutici alla pubblicazione. I temi trattati sono il suolo e sottosuolo, le acque superficiali e sotterranee, l’evoluzione storica del nostro territorio dalla remota antichità ai nostri giorni. Questi costituiscono capitoli importanti all’interno di numerose progettualità e competenze fondamentali della Provincia: dal Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (Ptcp), al piano di Protezione civile, al piano di Gestione dei rifiuti, ma anche per promuovere una più ampia cultura in campo ambientale, per programmare e realizzare opere, strade, scuole ed edifici pubblici, spesso in collaborazione con altri enti. Di fatto, costituisce uno strumento di conoscenza importante, un testo indispensabile per tutte quelle decisioni che riguardano il futuro del territorio. La Provincia di Venezia, è così l’unico ente che negli anni si è preoccupato di conoscere a fondo il territorio, dandone una lettura geopolitica e tecnica a 360 gradi. «E grande valore assume questo lavoro – spiega l’assessore all’Ambiente Paolo Dalla Vecchia – anche in relazione alle competenze che la Provincia ha in tema di pianificazione urbanistica e dei Piani di assetto del territorio (Pat) con i Comuni. Siamo orgogliosi, perché gli esperti hanno riconosciuto il valore e l’unicità del lavoro compiuto dalla nostra Provincia». /www.provincia.venezia.it

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Dalla Vecchia: "Un'opera unica per programmare lo sviluppo del nostro territorio"

"Più tutela del territorio"

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«Ogni anno in Veneto si perdono 4.500 ettari di terreno agricolo a causa dell’impermeabilizzazione del suolo. In Italia, la percentuale raggiunge il 57 per cento e a farne le spese sono i migliori suoli dal punto di vista agricolo e paesaggistico». A sostenerlo è Veneto Agricoltura nel corso di un convegno dal titolo “Suolo, agricoltura e territorio: un equilibrio possibile” tenutosi a Legnaro (Padova). Durante i lavori, si è discusso della fragilità del territorio e su come la continua sottrazione di suolo agricolo, porti a degli alti costi sostenuti da tutta la collettività. In Italia, ad esempio, ogni mese sette persone perdono la vita a causa di dissesti idrogeologici, si spendono 800 milioni di euro all’anno per interventi di recupero, un miliardo di euro è stanziato dalla Protezione Civile. Se a questi costi si aggiungono i valori non stimabili economicamente legati al suolo, come quello paesaggistico, ci si rende conto di come sia ormai necessaria una maggiore sensibilità e attenzione a questo fenomeno. «Nel Veneto – dice l’amministratore unico di Veneto Agricoltura – è giunto il momento di recuperare le migliaia di capannoni abbandonati prima di costruirne di nuovi, riqualificare le zone industriali dismesse e ristrutturare le vecchie abitazioni. Solo così sarà possibile stoppare la continua azione di sottrazione di prezioso suolo agricolo». /www.venetoagricoltura.org

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Veneto Agricoltura lancia l'allarme: "Ogni anno in Veneto si perdono 4.500 ettari di terreno agricolo"

Dalla Vecchia" Priorità alla salvaguardia del territorio"

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Salvaguardia idraulica del territorio. Sempre più convinto che questa la base fondamentale per il futuro, l’assessore provinciale all’Ambiente Paolo Dalla Vecchia lo ha ribadito nel corso del convegno “Una priorità chiamata idrovia” che si è tenuto a Dolo e promosso dall’associazione “Città domani”. E la salvaguardia sarà attuata in cinque mosse: attività conoscitiva (ricerca, raccolta, e archiviazione delle informazioni), collaborazione con gli altri enti (commissario delegato ex Opcm e consorzi di bonifica), azione di coordinamento tra i vari enti (sensibilizzazione e divulgazione), gestione dei fondi e supporto urbanistico. Dalla Vecchia ha ribadito che «la difesa del suolo non può prescindere dal livello locale. I Piani delle acque comunali sono delle opere fondamentali per la difesa idraulica di un territorio. E noi siamo i primi ad averli inseriti nel Piano territoriale di coordinamento provinciale». E’ stata, poi, ricordata la presentazione dell’ “Atlante geologico della provincia di Venezia” che, tra le altre cose, ha varie zone sotto il livello del mare, come ad esempio, l’ex ospedale di Mestre e l’aeroporto di Tessera: queste sono emerse grazie alla bonifica meccanica. «La provincia di Venezia», prosegue Dalla Vecchia, «è a rischio alluvioni, allagamenti e mareggiate provocate da fattori antropici, come il consumo del territorio naturale, agricolo e fattori naturali, come gli eventi meteorologici estremi concentrati in tempi molto brevi». E sul tema dell’idrovia Venezia-Padova, per Dalla Vecchia è un’opportunità da cogliere al volo. «La Provincia di Venezia in varie occasioni, sia in Giunta, che in Commissione che in Consiglio» spiega l’assessore «ha discusso su tre ipotesi che riguardano il tracciato, come scolmatore del Brenta, come aspetto della mobilità e come invaso per la rete idraulica del territorio». /www.provincia.venezia.it

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L'assessore all'Ambiente, intervenendo a un convegno a Dolo, ha ribadito anche che si deve cogliere al volo l'opportunità dell'idrovia Venezia-Padova

Ispra: nel 2010 aumentati i rifiuti in Italia

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Brutte notizie arrivano dal “Rapporto rifiuti urbani – edizione 2012” presentato dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Il quadro che ne è esce riferito all’anno 2010, è sconfortante, con la produzione di spazzatura che ha raggiunto i 32,5 milioni di tonnellate, ovvero l’1,1 per cento in più rispetto all’anno precedente. C’è da registrare, però, una riduzione del conferimento in discarica di 523 mila tonnellate (meno 3,4 per cento). Numeri che se confrontati con il resto dell’Europa fatto capire come il nostro Paese debba fare ancora un salto di qualità. Per l’Eurostat, nel 2010 nei ventisette Paesi dell’Unione Europea sono state prodotte circa 252,5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, l’1,1 per cento in meno rispetto al 2009. In Italia, sono le regioni del Centro a registrare l’aumento più significativo (più 1,9 per cento), seguite da quelle settentrionali (più 1,3 per cento) e meridionali (più 0,4 per cento). Ogni abitante del Centro, ha prodotto nel 2010 9 chilogrammi di rifiuti in più rispetto al 2009, mentre sono stati tre i chilogrammi in più di ogni italiano del Nord, contro i due chili del Sud. Con una media nazionale di quattro chili di rifiuti urbani pro capite in più.
Le regioni che più producono rifiuti, a livello pro capite, sono l’Emilia Romagna, la Toscana, la Valle d’Aosta, la Liguria e il Lazio. La minore, invece, è della Basilicata. La Campania produce sempre più spazzatura.  La media nazionale di raccolta differenziata è di 189 chilogrammi per abitante. Sono 262 i chili per abitante riciclati al Nord, 166 al Centro e, per la prima volta, il Sud supera i 100 chili.
Al Nord è il Veneto il più attivo nella raccolta differenziata, con una percentuale del 58,7 per cento (più 1,2 per cento rispetto al 2009), seguito dal Trentino Alto Adige (57,9 per cento) e il Piemonte (50,7 per cento); al Centro, sono Marche a primeggiare, (39,2 per cento) e una crescita del valore del 9,5% per cento; a ruota seguono la Toscana (36,6 per cento e più 1,4 per cento rispetto all’anno precedente), l’Umbria (32 per cento) e il Lazio, con appena il 16,5 per cento. Roma è appena sopra a questa percentuale. Al Sud, la raccolta differenziata in Campania si attesta al 32,7 per cento, con Salerno al 55,2 per cento e il 50 per cento ad Avellino. La città di Napoli, nonostante l’emergenza rifiuti, ha raggiunto il 26,1 per cento, contro il 24,4 per cento del 2009.
Nel 2010, gli impianti di incenerimento operativi erano cinquanta. La maggior erano al Nord (56 per cento) e, in particolare, in Lombardia ed Emilia Romagna. Nel Centro operavano tredici impianti  e nove al Sud./www.isprambiente.gov.it

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L'ISPRA istituto Italiano Superiore pre la Protezioe e la Ricercca Ambientale disegna un quadro sconfortante per la produzione di spazzatura in Italia, ma il Veneto è il migliore nella raccolta differenziata.

Confartigianato: "Più sicurezza per il territorio italiano"

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«Ci sono troppe emergenze, l’Italia deve essere messa in sicurezza». Il grido d’allarme parte dalla Confartigianato, all’indomani dei terremoti che in maggio hanno colpito in modo tragico tutta l’Emilia. Ma ci sono anche le alluvioni dei mesi e degli anni scorsi, che hanno colpito ampie fette del nostro Paese. Per l’associazione di categoria, episodi del genere devono finire. «Tutti i fenomeni naturali che si sono verificati di recente – dice l’Organizzazione degli imprenditori agricoli – hanno trovato impreparato il sistema-Italia. La prevenzione è importante. Ora si deve guardare in prospettiva, mettendo in sicurezza il territorio nazionale contro le catastrofi naturali». Per la Confartigianato, nel 2003 il ministero dell’Ambiente aveva calcolato 39 miliardi di euro per mettere in sicurezza il territorio e nel 2000, l’Autorità di Bacino del Po, aveva previsto la necessità di intervenire per 14 miliardi di vecchie lire, ovvero circa 7 miliardi di euro attuali. Per il solo pagamento dei danni da alluvioni si spendono in media oltre 2 miliardi di euro l’anno. /www.confartigianato.it.
L'assessore all'Ambiente Paolo Dalla Vecchia partecipando al convegno di CIA sul Valore e la tutela del Paesaggio , rbadisce l'esigenza della prevenzione, affermando che una quota del Pil dovrebbe essere sempre dedicata alla difesa del suolo e del paesaggio, in chiave anche di opportunità per una rinnovata crescita economica sostenibile.

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Per l'organizzazione degli imprenditori agricoli, alluvioni e terremoti hanno trovato l'Italia impreparata. L'Assessore Paolo Dalla Vecchia ribadisce la centralità della difesa del suolo e della tutela del paesaggio.

CLINI: LA GREEN ECONOMY PUÓ GENERARE 60 MILA POSTI DI LAVORO

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 L’obiettivo era favorire uno scambio di informazioni con la classe dirigente di domani, in particolare con i giovani universitari che vogliono scommettere su un uso sostenibile delle risorse naturali ed energetiche. Un vero e proprio percorso di lavoro, attraverso cui mettere a confronto le esperienze maturate e quelle che si ritengono possano contenere grandi potenzialità per il futuro. Gli ingredienti della giornata sono stati lo stesso ministero, quaranta università, altrettante imprese e 120 giovani laureati e laureandi selezionati per le loro idee sullo sviluppo dell’economia verde italiana. «Negli ultimi due anni – dice Clini – i nuovi occupati, solo nel settore delle fonti rinnovabili e sono prevalentemente giovani, sono 120 mila. Questo è un settore ancora in grado di assorbire nuova occupazione, specie nel produrre e nello sviluppare le nuove tecnologie avanzate. Il nostro obiettivo è quello di avere dal 2013 sessantamila nuovi occupati tra i giovani laureati sotto i 30 anni, che possano portare un contributo attivo alla crescita di settori di punta presenti nel nostro sistema industriale e generare valore aggiunto per competere nell’economia globale». CIT.da Repubblica

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«La green economy può portare 60 mila posti di lavoro in un anno». A dirlo è il ministro dell’Ambiente Corrado Clini intervenendo al primo «Green camp» italiano che si è svolto alla Luiss Guido Carli di Roma

RINNOVABILI OPPORTUNITÀ PER L’ITALIA

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«Le rinnovabili producono più vantaggi per il Paese di quello che costano». A scriverlo è la commissione Ambiente della Camera dei deputati, dopo aver fatto uno studio sulle fonte rinnovabili. «Le energie rinnovabili, che rappresentano uno dei settori più rilevanti della green economy – si legge nel documento – potranno giocare un ruolo strategico nella messa a punto di un nuovo modello di sviluppo, che riequilibri i fattori economici, sociali e ambientali, consentendo quindi di fronteggiare in modo innovativo le difficoltà dell'attuale contesto economico. Nella crisi grave economica che stiamo vivendo, le fonti rinnovabili nel loro insieme (dal solare, all’eolico, alle biomasse e altro), insieme all’efficienza energetica, all’innovazione, alla ricerca, e in generale a tutti i settori della green economy, rappresentano un importante volano per la ripresa dell’economia, oltre a consentire all’Italia il conseguimento degli obiettivi in materia di riduzione delle emissioni di anidride carbonica e a rendere il nostro Paese più competitivo». Secondo lo studio fatto dalla Commissione, gli incentivi al settore pesano per circa il 10 per cento sulla bolletta elettrica di famiglie e imprese ma nel medio periodo, i benefici supereranno di gran lunga gli oneri. Per il solo fotovoltaico, si spendono, ogni anno, circa 5 miliardi e mezzo di euro. Se questa cifra crescesse fino a i 7 miliardi di euro, il saldo positivo per il 2030 sarebbe notevole. «In tale prospettiva – continua il documento – si è mossa la Conferenza dei Presidenti delle Commissioni Ambiente e Affari Esteri dei Parlamenti degli Stati dell’Unione europea tenutasi a Copenaghen dal 14 al 15 maggio 2012, che ha posto al centro dei propri lavori il tema della “Crescita verde”. Dalla Conferenza è emersa una rinnovata consapevolezza non solo che «crescita» e «ambiente» possono stare insieme, ma, soprattutto, che la “Crescita verde” è ormai l'obiettivo centrale di ogni politica di sviluppo che voglia tenere insieme in Europa crescita economica, coesione sociale e mantenimento degli attuali livelli di benessere. In tal senso, la “Crescita verde” appare come la risposta più efficace e più lungimirante, non solo di fronte alla necessità di tenere insieme le esigenze dello sviluppo economico con quelle imprescindibili della tutela e della conservazione del nostro patrimonio naturale, ma anche di fronte alla sfida, che è davanti a tutte le economie avanzate, di aumentare la produttività attraverso una maggiore efficienza nell'uso delle risorse, di creare nuovo valore attraverso l’innovazione tecnologica e la ricerca, di creare nuove opportunità di lavoro e nuovi mercati accrescendo la domanda di nuovi prodotti e di nuova tecnologia, di aumentare la fiducia degli investitori sulle prospettive di crescita di nuovi settori produttivi».

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Conferma che viene dalla Commissione Ambiente della Camera

SPINEA: PATTO 20-20-20 BASE PER FUTURO MIGLIORE

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Il Patto 20-20-20 e il Piano d’azione per l’energia sostenibile della Provincia di Venezia sono stati spiegati a Spinea all’interno della «Domenica ecologica» del 26 febbraio 2012. L’assemblea, che si è svolta all’interno del Centro educazione ambientale, ha avuto un grande successo di pubblico ed è stata molto apprezzata da tutte le scuole del territorio, invitate ad assistervi. L’assessore provinciale alle Politiche ambientali Paolo Dalla Vecchia ha ribadito la necessità di andare avanti con il progetto con il massimo impegno. «Ho riscontrato l’impegno dei sindaci – spiega Dalla Vecchia – a lavorare a quest’idea dal basso. Lo stesso dicasi per i cittadini, che hanno fame di questi argomenti. Temi legati alla qualità dell’aria e della mobilità sostenibile, stanno molto a cuore alla gente». L’assessore all’ambiente di Spinea, Stefania Busatta, è convinta che il patto 20-20-20 sia la base per costruire un futuro migliore. «Organizzare questo convegno – precisa – significa sottolineare l’importanza del centro di educazione ambientale come risorsa per conoscere l’ambiente intorno a noi e promuovere la cultura ambientale nei bambini, nelle famiglie e negli adulti».

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L'assessore Paolo Dalla Vecchia parla del Patto dei Sindaci durante la Domenic aEcologica

Cemento – Corruzione –Ecomafie, Veneto Orientale: concreti strumenti per cambiare rotta

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Sabato 19 maggio 2012 al Centro Culturale Leonardo Da Vinci di San Donà di Piave, si è svolto il convegno su “Cemento – Corruzione –Ecomafie, Veneto Orientale: concreti strumenti per cambiare rotta” organizzato da Legambiente, con il patrocinio della Provincia di Venezia e il Comune di San Donà di Piave.Assessore all’Ambiente Paolo Dalla Vecchia: «La Provincia di Venezia è molto attenta al fenomeno delle infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore delle politiche ambientali e quindi nel ciclo integrato dei rifiuti e nella cosiddetta partita del cemento. Abbiamo avviato da tempo tavoli tecnici con la sottoscrizione di protocolli con varie istituzioni che combattono la criminalità organizzata: Polizia, Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri, Corpo Forestale dello Stato, Capitaneria di Porto, Polizia ferroviaria e Guardia di Finanza. Tutto ciò per consentire uno scambio di dati per il monitoraggio costante e puntuale del fenomeno.

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Assessore Paolo Dalla Vecchia: «Avviata collaborazione con tutte le forze dell'ordine per lo scambio di dati»

UE: NEL 2011 CALATE LE EMISSIONI DI GAS SERRA

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Al sistema aderiscono più di 12 mila centrali e impianti di produzione delle ventisette nazioni. Il dato arriva dai registri degli Stati membri. «Malgrado la crescita dell'economia europea - dice la Commissione - nel 2011 le emissioni verificate di gas serra provenienti da questi impianti sono scese a 1.889 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente, con un calo di oltre il 2% rispetto al 2010. Ancora una volta, le imprese hanno in larga misura rispettato le norme stabilite dal sistema Ets dell'Ue. Meno dell'1% degli impianti aderenti non ha restituito le quote relative al totale delle loro emissioni del 2011 entro la scadenza del 30 aprile 2012. Questi impianti sono in genere di piccole dimensioni e nell'insieme rappresentano meno dell’1 per cento delle emissioni che rientrano nel sistema Ets dell’Unione europea. Entro lo stesso termine, il 2 per cento degli impianti non ha trasmesso le emissioni verificate per il 2011». Questo periodo di scambio del sistema Eta dell’Unione europea è iniziato il primo gennaio 2008, ha una durata di cinque anni e si concluderà il 31 dicembre 2012. Questo lasso di tempo coincide con quello in cui i Paesi industrializzati devono conseguire gli obiettivi fissati dal protocollo di Kyoto in materia di emissioni. Il sistema Eta dell’Unione europea è stato radicalmente riformato per il successivo periodo di scambio, che inizia il prima gennaio 2013 e terminerà nel 2020.

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Scende del 2 per cento l’emissione di gas serra provenienti dagli impianti che aderiscono al sistema di scambio delle quote di emissioni dell’Unione Europea (est)

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